Se parliamo di “educazione” del cane dobbiamo ricordarci che i cani, proprio come noi, apprendono continuamente soprattutto sulla base delle conseguenze che seguono un comportamento.
Se un comportamento viene premiato (rinforzato) tenderà a presentarsi con sempre maggior frequenza. Questo concetto è la base del “condizionamento operante” che per definizione è un tipo di apprendimento associativo in cui le probabilità che un comportamento sia riproposto in futuro dipendono dalle sue conseguenze. Logicamente i comportamenti seguiti da fastidio (come per esempio togliere l’attenzione al cane) saranno indeboliti e si ripresenteranno con minor probabilità.
Quello che però spesso sfugge ai proprietari, quando si parla di educazione, è che alla base di molti comportamenti sgraditi del proprio cane c’è il loro zampino: senza volerlo hanno rinforzato comportamenti che non volevano affatto che il cane proponesse, come per esempio elemosinare cibo mentre si mangia (quando il cane, attratto dall’odore del cibo sul tavolo si è avvicinato per chiedere del cibo lo ha ottenuto, ha così imparato a chiedere, magari con sempre maggior insistenza) o saltare addosso alle persone (quando l’ha fatto è stato coccolato).
Per poter evitare questi errori è importante iniziare a diventare consapevoli, capire cos’è un rinforzo e cos’è una punizione tenendo a mente che ogni cane è un individuo e di conseguenza anche rinforzi e punizioni seguono, come per noi, il principio della soggettività. Se è vero che il cibo è un rinforzo primario per tutti noi è allo stesso tempo vero che un cavoletto di Bruxelles per me sarà rinforzo solo dopo 4 giorni di digiuno forzato. Se è vero che il gioco per la maggior parte di noi può essere un rinforzo è allo stesso tempo vero che se mi proponi di giocare con la Playstation a FIFA in realtà mi stai punendo. Il concetto è: dobbiamo imparare a conoscere il nostro cane e dobbiamo essere consapevoli di cosa gli stiamo insegnando nel bene e nel male. Prima di lamentarci perché il nostro cane non ci ascolta dovremmo chiederci “ma gli ho dato gli strumenti per capire quello che gli sto chiedendo? Ho fatto in modo che fare ciò che gli ho chiesto abbia delle conseguenze piacevoli?”.
Più confondiamo il nostro cane con regole che valgono a giorni alterni, più siamo incoerenti con ciò che stiamo insegnando, più lasciamo che il cane debba districarsi da solo in un labirinto di informazioni contrastanti più rischiamo di trovarci con un cane che “non ci ascolta”.
Se chiedessi a chiunque se considera il suo cucciolo più intelligente del figlio la risposta sarebbe logicamente e correttamente negativa eppure molto spesso ci si aspetta che un cucciolo sappia che “seduto” significhi la stessa cosa di “siediti”, “siedi” “mettiti giù” con gesti più o meno evidenti, diversi per ogni componente della famiglia e il tutto senza che gli sia stato insegnato come eseguire quel movimento che da in piedi lo dovrebbe portare a piegare le zampe posteriori e appoggiare il sedere per terra. In presenza di un cane confuso davanti a questi segnali che fa fatica a decifrare spesso i proprietari si spazientiscono e ripetono lo stesso segnale (comando se preferite) più volte (il cane non è che non ha sentito, non parla la nostra lingua) alzando il tono della voce, arrabbiati, con un comportamento che il cane è in grado di percepire come un’immotivata aggressione facendo aumentare la confusione, lo stress e intaccando il rapporto di fiducia che in realtà stiamo cercando di costruire.
Messa così sembra una cosa orribile ma succede spesso. Per questo motivo è preferibile consultare un educatore prima ancora di prendere il cane oppure appena arrivato perché educare un cane è facile, lavorare poi per sistemare i casini fatti anche se in buona fede è tutt’altro paio di maniche.
Dall’educazione entriamo poi nella modifica comportamentale, nei problemi comportamentali.